lunedì 13 febbraio 2012

Proposta modificata di una nuova Direttiva Procedure - I commenti dell'UNHCR e uno schema


L'UNHCR (Bureau for Europe) ha pubblicato i suoi commenti sulla proposta modificata di rifusione della Direttiva Procedure, presentata dalla Commissione europea lo scorso giugno.

Come ripetiamo spesso, la revisione degli strumenti del "pacchetto asilo" è attualmente in corso e, contrariamente a quanto è avvenuto per la "prima fase" (adozione con voto all'unanimità nel Consiglio dopo semplice consultazione del Parlamento europeo), l'adozione delle nuove misure deve avvenire secondo la procedura ordinaria, dunque con l'accordo fra Parlamento europeo e Consiglio (quest'ultimo peraltro deliberando a maggioranza qualificata, non all'unanimità).
La Commissione europea, nell'adempimento del suo compito di avviare la procedura con una sua proposta, aveva già presentato un primo testo di rifusione della Direttiva Procedure nel 2009.
Tale proposta, pur appoggiata dal Parlamento europeo, non aveva tuttavia fatto progressi in sede di Consiglio, dove era stato impossibile arrivare ad una posizione sul testo (Relazione della Commissione alla presentazione della proposta modificata, punto 1.1) .
Ecco perché, nel giugno 2011, la Commissione ha avanzato una proposta modificata. Stesso percorso ha seguito la proposta di rifusione della Direttiva Accoglienza.
Come abbiamo già avuto modo di dire, la nuova Direttiva Qualifiche è stata invece recentemente adottata.

Il lavoro dell'UNHCR, che analizza e commenta la proposta modificata della Commissione, è molto approfondito e contiene una serie di spunti e raccomandazioni che andrebbero tenuti in considerazione dal legislatore europeo o che potrebbero tornare utili per future ulteriori modifiche.
Data l'ampiezza del lavoro in questione, e la complessità della Direttiva Procedure, ci limitiamo qui a evidenziare alcuni commenti generali dell'UNHCR, rimandando chi volesse approfondire alla lettura integrale del documento (in fondo si può trovare il link).

Più sotto riproponiamo invece un nostro schema della proposta della Commissione, che ci auguriamo possa essere d'aiuto per orientarsi nella non facile lettura di questo strumento.




Alcuni spunti dai commenti dell'UNHCR sulla proposta modificata di rifusione della Direttiva Procedure

Cominciamo dalla scelta stessa di una Direttiva come strumento
L'obiettivo della Direttiva Procedure, nella proposta di rifusione, è quello di "stabilire procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale" (art. 1). Ciò è in linea con la nuova base giuridica fornita dal Trattato di Lisbona (in particolare, art. 78, § 2, lett. d TFUE). Dunque, procedure comuni, non più norme minime per le procedure.
Al contrario, nota l'UNHCR, la Direttiva è un atto giuridico che lascia ampio margine di manovra agli Stati in fase di recepimento nei rispettivi diritti interni.
Se ciò era giusto allorché si trattava di stabilire "norme minime", è legittimo oggi dubitare della capacità di tale atto di raggiungere l'obiettivo dichiarato.
Meglio sarebbe stato, dunque, optare per un Regolamento, cioè un atto "forte", che non richiede recepimento nel diritto interno (vedi, per una rapida distinzione fra Direttiva e Regolamento, la nostra pagina Glossario).
L'opinione dell'UNHCR – che avevamo già trovato in altri studi, in particolare uno studio del Parlamento europeo (che segnaliamo in fondo) – è che con un Regolamento non si sarebbe andati oltre le possibilità per l'Unione europea di agire, cioè non si sarebbero violati i due fondamentali principi di sussidiarietà e di proporzionalità.

L'UNHCR ritiene comunque che la nuova proposta della Commissione "migliorerebbe significativamente la qualità e l'efficienza dei sistemi di asilo e armonizzerebbe ulteriormente i livelli di protezione, in linea con l'obiettivo di creare un Sistema europeo comune di asilo".
Non mancano tuttavia i punti critici, che sono dettagliatamente analizzati all'interno del rapporto, che contiene anche una serie di raccomandazioni.
In linea generale, riportiamo qui solamente come, secondo l'UNHCR, le disposizioni contenute nella nuova proposta potrebbero "non essere ancora sufficienti" per raggiungere l'obiettivo fissato dall'art. 78 TFUE, in quanto anche la proposta modificata contiene clausole opzionali e spazio per la discrezionalità degli Stati (traduzione ed enfasi nei virgolettati sono nostre).
Lettura molto consigliata.

Sulla proposta di rifusione della Direttiva Procedure vedi anche il nostro precedente post sui Commenti di ECRE


La proposta modificata di rifusione della Direttiva Procedure

Come si sa, la Direttiva Procedure attualmente in vigore è uno strumento alquanto problematico e complicato, che in certi punti fa davvero dubitare che si sia trattato di una pur minima armonizzazione.
Basti pensare all'ampio margine di discrezionalità che gli Stati hanno nello scegliere tra differenti tipi di procedura e nel derogare ai principi fondamentali e alle garanzie per i richiedenti asilo che la Direttiva stessa cerca di fissare.
Ciò ha portato la Commissione europea, nella sua relazione del 2010 sull'applicazione della Direttiva Procedure, a dire che "La presente valutazione conferma che alcune delle disposizioni e delle deroghe facoltative previste dalla direttiva hanno contribuito alla proliferazione di regimi divergenti nell'UE e che le garanzie procedurali variano in modo considerevole tra gli Stati membri"

Ripubblicando lo schema che segue, che risale a qualche mese fa, cerchiamo di semplificare – per quanto possibile e senza alcuna pretesa di esaustività – la lettura della proposta modificata di rifusione della Direttiva Procedure, facendo riferimento a cosa cambierebbe rispetto alla Direttiva attualmente in vigore. Si consiglia dunque la lettura dello schema congiuntamente alla Direttiva 2005/85/CE. 
Nel leggere, si consiglia anche di tenere sempre presente che gli Stati erano (e rimangono) liberi di introdurre o mantenere in vigore criteri più favorevoli, purché ovviamente compatibili con la Direttiva.
Come sempre, grazie in anticipo a chi vorrà inviarci impressioni e/o segnalare errori o mancanze.


L'obiettivo della nuova proposta è semplificare e chiarire le norme per renderle più compatibili con i diversi sistemi giuridici nazionali e per aiutare gli Stati membri ad applicarle in modo economicamente efficace nelle rispettive situazioni specifiche. Come nella proposta precedente, l'obiettivo generale resta quello di ottenere procedure efficaci ed eque. (Relazione della Commissione alla presentazione della proposta modificata, punto 3.1).



La proposta modificata contiene:

1) Capo I: Disposizioni generali
- Obiettivo (art. 1): viene eliminato il riferimento a “norme minime” e si parla di “procedure comuni”;
- Definizioni (art. 2): viene inserita una definizione di “richiedente che necessita di garanzie procedurali particolari” e di “domanda reiterata”;
- Ambito di applicazione (art. 3): si estende l'ambito di applicazione della Direttiva a tutte le domande di protezione internazionale, non solo a quella per lo status di rifugiato. Si noti comunque che solo l'Irlanda prevedeva, al tempo della Relazione della Commissione del 2010, due procedure distinte, mentre tutti gli altri Stati avevano istituito una procedura unica, applicando dunque la Direttiva Procedure per determinare sia lo status di rifugiato, sia lo status di protezione sussidiaria. Inoltre, viene specificato che le domande presentate nelle acque territoriali ricadono nell'ambito di applicazione della Direttiva.
- Autorità responsabili (art. 4): gli Stati sono obbligati ad assicurare che l'autorità responsabile per l'esame delle domande disponga di mezzi appropriati, in particolare di personale competente. A tal fine gli Stati predispongono formazioni iniziali e, se necessario, successive. Le possibilità di prevedere autorità differenti (cioè non specializzate) sono ridotte essenzialmente a due: decisioni in base al Regolamento Dublino II e procedure in frontiera.
- Disposizioni più favorevoli (art. 5)

2) Capo II: Principi fondamentali e garanzie
- Accesso alla procedura (art. 6): i richiedenti devono avere la effettiva possibilità di inoltrare la domanda quanto prima. Il tempo massimo che può intercorrere fra l'espressione dell'intenzione di presentare la domanda e la registrazione della stessa è di 72 ore, estensibile fino a 7 giorni lavorativi in caso di un "numero elevato" di richieste
- Domande presentate per conto di persone a carico o minori (art. 7): contiene l'obbligo di informare in privato ciascun adulto a carico, prima della richiesta del consenso a che la domanda sia presentata anche per suo conto, delle relative conseguenze procedurali e del diritto di chiedere la protezione internazionale con domanda separata. Gli Stati Membri hanno poi l'obbligo di provvedere affinché il minore abbia il diritto di presentare domanda di protezione internazionale per proprio conto.
- Informazione e consulenza ai valichi di frontiera e nei centri di trattenimento (art. 8): obbligo di assicurare che in frontiera, come nei centri di trattenimento, siano disponibili informazioni sulla possibilità di chiedere protezione internazionale, nonché di prevedere servizi di interpretariato nella misura necessaria per agevolare l'accesso alla procedura in tali luoghi.
- Diritto a rimanere nello Stato membro durante l'esame della domanda (art.9)
- Criteri applicabili all'esame delle domande (art.10): chiarisce che l'esame della domanda deve riguardare, in primo luogo, il possibile riconoscimento dello status di rifugiato e, in caso negativo, se il richiedente sia ammissibile alla protezione sussidiaria. E' previsto poi l'obbligo per gli Stati di assicurare istruzioni al personale delle autorità accertanti, nonché la possibilità di consultare esperti, laddove necessario, su aspetti particolari come quelli d’ordine medico, culturale, religioso, di genere o inerenti ai minori. Gli Stati devono poi prevedere norme relative alla traduzione dei documenti pertinenti ai fini dell’esame delle domande.
- Criteri applicabili alle decisioni (art. 11): è specificato che le motivazioni di fatto e di diritto nonché l'informazione per iscritto sui mezzi per l'impugnazione sono obbligatorie in caso di diniego della protezione internazionale. Si prevede poi un'eccezione alla possibilità generalmente concessa agli Stati di prendere una singola decisione per tutte le persone a carico, nel caso in cui ciò comporterebbe rischi per una persona, soprattutto nei casi di persecuzione per motivi di genere, orientamento sessuale, identità di genere e/o età.
- Garanzie per i richiedenti protezione internazionale (art. 12): il richiedente deve essere informato in una lingua che “capisce o che è ragionevole supporre possa capire” (non più solo “che è ragionevole supporre possa capire"). Contrariamente alla prima proposta della Commissione, nella proposta modificata si prevede inoltre l'obbligo di informare il richiedente anche delle conseguenze di un ritiro esplicito o implicito della domanda. È poi previsto che al richiedente non sia negato (si noti l'infelice formulazione al negativo): i) la possibilità di comunicare (oltre che con l'UNHCR) anche con altre organizzazioni che prestino assistenza o consulenza legale; ii) l'accesso alle informazioni sul Paese di origine che l'autorità accertante prende in considerazione al fine di prendere una decisione sulla domanda.
- Obblighi dei richiedenti protezione internazionale (art. 13): obbligo per gli Stati di imporre ai richiedenti di cooperare con le autorità competenti ai fini dell'accertamento dell'identità e di altri elementi essenziali.
- Colloquio personale (art. 14): le possibilità di omettere il colloquio personale del richiedente si riducono essenzialmente a: i) l’autorità accertante è in grado di prendere una decisione positiva riguardo allo status di rifugiato, basandosi sulle prove acquisite; ii) l'autorità accertante reputa che il richiedente asilo sia incapace o non sia in grado di sostenere un colloquio personale. Quando un richiedente presenta domanda di protezione internazionale a nome di persone a suo carico, ciascun adulto interessato deve avere la possibilità di sostenere un colloquio personale.
- Criteri applicabili al colloquio personale (art. 15): obbligo di assicurare che la persona che tiene il colloquio abbia la competenza per tenere in considerazione anche il genere, l'orientamento sessuale, l'identità sessuale o la vulnerabilità del richiedente. Laddove possibile, deve trattarsi di una persona dello stesso sesso del richiedente (se così richiesto). Si prevede poi l'obbligo di selezionare un interprete competente e, laddove possibile, dello stesso sesso del richiedente (se così richiesto).
- Contenuto del colloquio personale (art. 16): l'autorità accertante deve assicurare che al richiedente sia data una congrua possibilità di presentare gli elementi necessari a motivare la domanda e, in particolare, l'opportunità di spiegare l'eventuale assenza di elementi e/o le eventuali incoerenze o contraddizioni delle sue dichiarazioni.
- Verbale e registrazione del colloquio personale (art. 17): il verbale deve essere accurato e contenere tutti gli elementi sostanziali. E' prevista la possibilità per gli Stati Membri di disporre la registrazione sonora o audiovisiva del colloquio personale. Il richiedente deve avere l'opportunità di formulare osservazioni e/o fornire chiarimenti prima della decisione.
- Perizie mediche (art.18): è previsto l'obbligo per gli Stati di consentire al richiedente di sottoporsi a visita medica per presentare all'autorità accertante un certificato medico a sostegno delle dichiarazioni rilasciate circa le persecuzioni o i danni gravi subiti. Qualora abbia motivi per credere che il richiedente non abbia la capacità o abbia una capacità limitata di sostenere un colloquio a causa di disturbi post-traumatici da stress, delle persecuzioni o dei gravi danni subiti, l'autorità accertante dispone che sia effettuata una visita medica con il consenso del richiedente. Gli Stati devono poi stabilire regole e modalità di identificazione e documentazione di sintomi di tortura e altre forme di violenza fisica, sessuale o psicologica e devono provvedere affinché le persone che conducono i colloqui ricevano una formazione diretta a riconoscere i sintomi della tortura e i problemi medici che potrebbero compromettere la capacità del richiedente di sostenere il colloquio.
- Informazioni giuridiche e procedurali gratuite nelle procedure di primo grado (art. 19): si stabilisce l'obbligo per gli Stati di fornire gratuitamente ai richiedenti informazioni giuridiche e procedurali nelle procedure di primo grado di cui al capo III (dunque non nelle procedure di revoca), incluso come minimo le informazioni sulla procedura con riguardo alla situazione particolare del richiedente e la spiegazione dei motivi di fatto e di diritto in caso di decisione negativa.
- Assistenza e rapresentanza legali gratuite nelle procedure di ricorso (art. 20): obbligo per gli Stati di disporre che, su richiesta, siano concesse assistenza e rappresentanza legali gratuite nelle procedure di ricorso (e facoltà di fornirle anche nelle procedure di primo grado).
- Condizioni per le informazioni giuridiche e procedurali gratuite e l’assistenza e la rappresentanza legali gratuite (art. 21): possibilità che a fornirle siano organizzazioni non governative, funzionari governativi o servizi statali specializzati.
- Diritto all'assistenza e alla rappresentanza legali in ogni fase della procedura (art.22)
- Ambito di applicazione dell'assistenza e della rappresentanza legali (art. 23)
- Richiedenti che necessitano di garanzie procedurali particolari (art. 24): obbligo per gli Stati di provvedere affinché i richiedenti che necessitano di garanzie procedurali particolari siano identificati in tempi congrui. Gli Stati devono poi adottare le misure appropriate affinché a queste persone (anche qualora identificate come tali solo in una fase successiva della procedura) siano concessi il tempo sufficiente e il sostegno necessario per presentare gli elementi della domanda nel modo più completo possibile e con tutti gli elementi probatori a disposizione. Qualora l'autorità accertante ritenga che il richiedente abbia subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza, non si applicano le procedure accelerate.
- Garanzie per i minori non accompagnati (art. 25): obbligo per gli Stati di provvedere affinché il rappresentante partecipi al colloquio con facoltà di porre domande o formulare osservazioni. Gli Stati hanno poi la possibilità di astenersi dal nominare un rapresentante solo qualora il minore non accompagnato raggiungerà presumibilmente l'età di 18 anni prima della decisione in primo grado (attualmente questa possibilità è prevista anche qualora il minore possa disporre gratuitamente di un avvocato ovvero qualora sia o sia stato sposato). I minori non accompagnati hanno diritto a ricevere gratuitamente le informazioni giuridiche e procedurali previste dall'art. 19 anche nelle procedure di revoca della protezione internazionale. Viene specificato poi che le visite mediche per accertare l’età del minore non accompagnato sono effettuate, nel pieno rispetto della dignità della persona e con i metodi meno invasivi, laddove, in base a sue dichiarazioni generali o altri elementi probatori, gli Stati membri continuino a nutrire dubbi circa l’età. Se tali dubbi persistono dopo la visita medica, gli Stati membri considerano il richiedente un minore.
- Trattenimento (art.26): i motivi e le condizioni del trattenimento nonché le garanzie per i richiedenti protezione internazionale trattenuti sono conformi alla proposta "Direttiva Accoglienza”.
- Procedura in caso di ritiro della domanda (art. 27)
- Procedura in caso di ritiro implicito della domanda o di rinuncia ad essa (art.28): in caso di ritiro implicito della domanda gli Stati devono provvedere o la sospensione della stessa ovvero il rigetto. Quest'ultimo tuttavia è possibile solo laddove l'autorità accertante giudichi la domanda infondata in base a un adeguato esame del merito della stessa e in seguito a un colloquio personale. Al richiedente la cui domanda è stata sospesa deve comunque essere garantito (almeno per un anno) il diritto di chiedere la riapertura del suo caso o di presentare una nuova domanda che non sarà considerata come domanda reiterata.
- Ruolo dell'UNHCR (art.29)
- Raccolta di informazioni sui singoli casi (art.30)

3) Capo III: Procedure di primo grado

SEZIONE I
- Procedure di esame (art. 31): la procedura deve concludersi entro sei mesi dalla data di presentazione della domanda, salva la possibilità per gli Stati di prorogare il termine per un periodo massimo di ulteriori sei mesi se il caso in questione comporta questioni complesse in fatto e in diritto, ovvero in caso di contemporanea richiesta di protezione internazionale da parte di un gran numero di persone, ovvero qualora il ritardo possa essere chiaramente attribuito al richiedente. È prevista poi la possibilità di rimandare (in questo caso senza limiti) la conclusione della procedura in caso di "situazione incerta" nel paese di origine che sia presumibilmente temporanea e che non renda ragionevole attendere una decisione entro i termini fissati.
Si distingue poi fra la possibilità per gli Stati di "esaminare in via prioritaria" e di "prevedere una procedura di esame accelerata". In particolare, è possibile un esame in via prioritaria a) qualora la domanda sia verosimilmente fondata; b) qualora il richiedente sia vulnerabile (ai sensi della Direttiva Accoglienza), specie se si tratta di un minore non accompagnato; c) in altri casi, salvo quelli per cui è possibile un esame accelerato. Una procedura di esame accelerata è invece possibile in un numero di casi (7) sensibilmente inferiore rispetto a quanti (15) ne prevede l'attuale Direttiva 2005/85/CE. Comunque, gli Stati devono stabilire termini ragionevoli per l'adozione della decisione in primo grado in questi casi, che garantiscano un esame adeguato e completo.
- Domande infondate (art. 32)

SEZIONE II
- Domande inammissibili (art. 33): viene chiarito che la lista di ragioni per cui gli Stati possono considerare una domanda inammissibile (e dunque non procedere ad un esame nel merito) è esaustiva. Una domanda reiterata può essere ritenuta inammissibile qualora non siano emersi o non siano stati presentati dal richiedente elementi o risultanze nuovi.
- Norme speciali in ordine al colloquio sull'ammissibilità (art. 34): obbligo per gli Stati Membri di organizzare un colloquio personale con il richiedente sull'ammissibilità della domanda, prima di prendere una decisione in proposito (ma possibilità di deroga in caso di domanda reiterata).

SEZIONE III
- Concetto di Paese di primo asilo (art. 35): si prevede l'obbligo per gli Stati di autorizzare il richiedente a impugnare l'applicazione del concetto di Paese di primo asilo relativamente alle sue condizioni specifiche.
- Concetto di Paese di origine sicuro (art. 36): viene eliminato integralmente l'art. 29 dell'attuale Direttiva ("Elenco comune minimo di Paesi terzi considerati Paesi di origine sicuri"), i cui paragrafi 1 e 2 erano già stati annullati da una sentenza della Corte di Giustizia UE (C-133/06, Parlamento europeo c. Consiglio, del 6 Maggio 2008) per motivi legati alla procedura di adozione della lista minima comune di Paesi terzi considerati Paesi di origine sicuri.
- Designazione nazionale dei Paesi terzi quali Paesi di origine sicuri (art. 37): è eliminata la possibilità per gli Stati di designare anche solo una parte di un Paese come sicuro. È introdotto l'obbligo per gli Stati di provvedere affinché la situazione nei paesi terzi designati sicuri sia oggetto di revisione periodica.
- Concetto di Paese terzo sicuro (art. 38): si introduce una condizione ulteriore per poter applicare il concetto di Paese terzo sicuro, cioè l'assenza di un rischio di danno grave come definito dalla "Direttiva Qualifiche". Si specifica poi che l'applicazione del concetto di Paese terzo sicuro deve consentire al richiedente l'impugnazione, a motivo del fatto che quel Paese terzo non è sicuro nel suo caso specifico. Al richiedente deve essere data inoltre la possibilità di contestare l'esistenza di un legame con il paese terzo.
- Concetto di Paese terzo europeo sicuro (art. 39): si elimina il riferimento all'elenco comune di Paesi terzi europei considerati paesi terzi sicuri, già annullato dalla sentenza della Corte di Giustizia UE menzionata sopra. Viene eliminato anche il riferimento esclusivo alla Convenzione di Ginevra per quanto riguarda il rispetto del principio di non-refoulement, che è previsto anche da altri Trattati internazionali. E' inserito poi l'obbligo per gli Stati Membri di informare la Commissione sui Paesi ai quali è applicato il concetto in questione.

SEZIONE IV
- Domande reiterate (art. 40): si specifica che se, a seguito dell'esame preliminare condotto per accertare se siano emersi o siano stati addotti dal richiedente elementi o risultanze nuovi, una domanda reiterata non è sottoposta a ulteriore esame, essa è considerata inammissibile.
Si precisa poi che le ulteriori dichiarazioni o domande reiterate fatte da un richiedente sottoposto a decisione di trasferimento ai sensi del “Regolamento Dublino II” nello Stato che provvede al trasferimento, sono esaminate dallo Stato membro competente.
- Norme specifiche in caso di rifiuto o inammissibilità (art. 41): se una persona presenta una nuova domanda di protezione internazionale nello stesso Stato membro, dopo una decisione definitiva che considera inammissibile una domanda reiterata o dopo una decisione definitiva che respinge una precedente domanda reiterata in quanto infondata, gli Stati possono: i) ammettere una deroga al diritto di rimanere nel territorio (nel rispetto del divieto di refoulement); ii) prevedere che la procedura d’esame sia accelerata (anche in deroga ai termini normalmente applicabili alle procedure accelerate).
- Norme procedurali (art. 42): è eliminata la possibilità per gli Stati di obbligare il richiedente a presentare le nuove informazioni entro un determinato termine dopo che ne è venuto in possesso (prevista dall'attuale art. 34 § 2 lett.b).

SEZIONE V
- Procedure di frontiera (art. 43): possibilità per gli Stati di prevedere procedure, conformi ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II della Direttiva, per decidere alla frontiera o nelle zone di transito: i) sull'ammissibilità di una domanda, ai sensi dell'art. 33, ivi presentata; e/o ii) sul merito di una domanda nell’ambito di una procedura accelerata a norma dell’articolo 31 § 6.
E' eliminata la possibilità (prevista dall'attuale art. 35 § 2) per gli Stati di mantenere in vigore disposizioni in deroga ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II della Direttiva.

4) Capo IV – Procedure di revoca dello status di protezione internazionale
- Revoca dello status di protezione internazionale (art. 44): la procedura di revoca è allargata anche allo status di protezione sussidiaria.
- Norme procedurali (art. 45): possibilità per gli Stati di disporre che lo status decada per legge se il beneficiario di protezione internazionale è divenuto loro cittadino. Fra le fonti da cui ottenere informazioni è inserito l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo

5) Capo V - Procedure di impugnazione
- Diritto a un ricorso effettivo (art. 46): obbligo per gli Stati Membri di riconoscere alle persone ammesse alla protezione sussidiaria il diritto a un ricorso effettivo avverso la decisione di ritenere infondata la domanda in relazione allo status di rifugiato. Obbligo per gli Stati di assicurare che il ricorso effettivo preveda l'esame completo degli elementi di fatto e di diritto, compreso l'esame ex nunc delle esigenze di protezione internazionale ai sensi della Direttiva Qualifiche, quanto meno nei procedimenti dinanzi al giudice di primo grado. I termini per l'esercizio da parte del richiedente del diritto a un ricorso effettivo devono essere ragionevoli e non devono rendere eccessivamente difficile o impossibile l’accesso dei richiedenti a un ricorso effettivo. Si noti che la recente sentenza della Corte di Giustizia dell'UE Samba Diouf ha affermato che “un termine di ricorso di quindici giorni non sembra, in via di principio, materialmente insufficiente per la preparazione e la presentazione di un ricorso, e appare ragionevole e proporzionato rispetto ai diritti e agli interessi in oggetto” (C-69/10 del 28 luglio 2011, § 67; V. nostro precedente post), anche se spetta naturalmente ai giudici nazionali stabilire se tale termine può essere proporzionato nel caso specifico. In linea con la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo sulla nozione di “rimedio effettivo”, gli Stati devono autorizzare i richiedenti a rimanere nel loro territorio fino alla scadenza del termine entro il quale possono esercitare il loro diritto a un ricorso effettivo oppure, se tale diritto è stato esercitato entro il termine previsto, in attesa dell'esito del ricorso. Sono previste però alcune eccezioni all'effetto sospensivo del ricorso, qualora sia stata adottata una decisione di ritenere infondata la domanda a seguito di una procedura di esame accelerata, o una decisione di ritenere inammissibile la domanda i) perché un altro Stato Membro ha già riconosciuto lo status di rifugiato al richiedente ovvero ii) in caso di domanda reiterata. In tali casi, il giudice è comunque competente a decidere, su istanza del richiedente o d'ufficio, se autorizzare o meno la permanenza del richiedente nel territorio dello Stato membro. In attesa di tale decisione, gli Stati devono autorizzarne la permanenza sul territorio.

6) Capo VI – Disposizioni generali e finali
- Impugnazione da parte delle autorità pubbliche (art. 47)
- Riservatezza (art.48)
- Cooperazione (art.49)
- Relazioni (art. 50)
- Recepimento (art. 51): per quanto riguarda l'obbligo di concludere la procedura entro sei mesi dalla data di presentazione della domanda, gli Stati avranno a disposizione altri 3 anni, dopo la scadenza del termine – generalmente biennale – per il recepimento della nuova Direttiva (o, meglio, delle disposizioni che modificano nella sostanza la Direttiva attuale), per conformarsi a tale previsione.
- Disposizioni transitorie (art. 52)
- Abrogazione (art. 53)
- Entrata in vigore (art. 54)
- Destinatari (art. 55)